Uno sguardo intersezionale sulla violenza

Pubblicato il 20 maggio 2024 alle ore 11:31

Cosa hanno in comune la violenza sugli animali e quella sulle donne? Quando si tratta di argomenti così rilevanti è doveroso scavare a fondo nei meccanismi personali e culturali che portano a simili risultati.

Nel caso della violenza sulle donne e sugli animali non si può fare altro che guardare con occhi intersezionali i due fenomeni.

Entrambi i meccanismi si reggono sulla falsa convinzione che il potere fisico, sociale ed economico che si possiede su un altro individuo ci legittimi nel dominarlo, sovrastarlo  e nei casi più gravi violentarlo o ucciderlo.

Carol J. Adams nel suo saggio teorico “Carne da macello” sottolinea come la mascolinità sia fortemente collegata al mangiar carne.

Secondo la Adams, il meccanismo che viene messo in atto dal patriarcato nei confronti della donna è molto simile a ciò che avviene al corpo degli animali nei mattatoi: frammentazione e smembramento della natura e del corpo femminile/animale.

La donna, quindi, non è più un individuo dotato di senso, personalità e forma, ma è vincolata alle mansioni che il regime patriarcale le attribuisce; in pratica, si ha un non individuo molto più facile da assoggettare perché ormai privato di ogni caratteristica soggettiva e personale. Basta pensare alla sessualizzazione del corpo della donna messa in atto in ogni circostanza: pubblicità, riviste e talvolta anche contesti sociali informali e formali; la donna è spogliata, letteralmente e figurativamente, delle sue caratteristiche umane ed è collocata in un ruolo ben preciso: vendere un prodotto,  eccitare un uomo ecc.

Il corpo degli animali, allo stesso modo, viene smembrato e frammentato così che il “pezzo di carne” si vada a sostituire all’animale vero e proprio.

Un’opera di destrutturazione dell’individuo atta ad asservire al pensiero macista, corpi di soggetti considerati inferiori. Gli animali smembrati vengono rinominati secondo il frammento preso in considerazione: filetto, pancetta, prosciutto, arrosto, bistecca ecc. Vendere un prodotto e non un soggetto appare molto più semplice e deresponsabilizzante.

Riprendendo il concetto di macismo e di virilità si potrebbe quindi dire che tali caratteristiche si misurano in buona parte col mangiar carne: più ci si nutre dei corpi altrui e meno la nostra virilità può essere minacciata. La carne è quindi l’alimento che dona forza e vigore e il mondo dei legumi, dei cereali e degli ortaggi è destinato ad un pubblico femminile: una vera e propria femminilizzazione della dieta vegetale. Come scrive la Adams nel suo saggio “gli uomini che scelgono di non mangiare carne ripudiano uno dei loro privilegi maschili”.

Assistiamo a una vera e propria sessualizzazione della carne con cui si intende quell’obbligo di virilità imposto: il consumo di carne è privilegio e vincolo del sesso maschile.

Riassumendo, possiamo osservare come tutte le tipologie di violenza e prevaricazione siano prima legittimate da un’azione di declassazione dell’individuo in questione e talvolta dalla negazione della sua soggettività; nei confronti delle donne si opera attribuendo ad esse ruoli servizievoli e di contorno, spogliandole delle loro ambizioni e caratteristiche, nei confronti degli animali l’operazione è ancora più brutale perché la frammentazione dei corpi avviene materialmente all’interno dei mattatoi e comporta la morte degli animali non umani.

 

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